La forza di un libro autobiografico non sta nella notorietà dell’autore, ma nella capacità di rendere universale la propria storia.

La parola “autobiografia” deriva dal greco αὐτός (egli stesso), βίος (vita) e γραϕία (scrittura). Si tratta, quindi, di un rendiconto scritto della propria vita, o di parte di essa, elaborato dall’autore in prima persona.
Quando scritta con cura, l’autobiografia ha un potere straordinario: trasforma il ricordo in narrazione, offrendo al lettore non solo la possibilità di rivivere esperienze altrui, ma anche di reinterpretarle alla luce della propria vita. In questo modo, la memoria diventa strumento di crescita, capace di aiutare a superare difficoltà e a favorire un autentico benessere interiore.
La scrittura del ricordo
Interessante è anche l’etimologia latina della parola “ricordo” che contiene il prefisso re- (tornare indietro), e la parola cor, cordis (cuore).
Gli antichi ritenevano che il cuore fosse la sede della memoria e delle emozioni.
Gli Egizi, infatti, durante la mummificazione scartavano il cervello considerandolo privo di valore, mentre custodivano con cura il cuore, deposto accanto al defunto affinché potesse accompagnarlo nel viaggio nell’aldilà.
Emozione, autenticità e memoria del cuore sono dunque alla base della scrittura autobiografica, ma è importante evitare che il racconto si chiuda su se stesso, riducendosi a un diario autoreferenziale o a un flusso disordinato di pensieri.
Come fare?
Storia dell’autobiografia
Prima di tutto occorre chiedersi da dove nasca il bisogno di scrivere e leggere storie vere.
Il desiderio di raccontarsi e condividere la propria esperienza è una delle esigenze più antiche dell’essere umano.
La scrittura autobiografica ha origine proprio da questa necessità:
- lasciare traccia di sé
- ordinare la memoria del cuore
- trasmettere la propria esperienza.
Nel IV secolo d.C., l’autobiografia diventa un vero e proprio genere letterario con le Confessioni di Sant’Agostino, primo modello spirituale e introspettivo.
Nel Rinascimento l’attenzione si sposta sull’individuo, come nelle opere di Cellini; tra Settecento e Ottocento, con Rousseau e i romantici, si afferma come espressione della soggettività moderna. Nel Novecento assume forme diverse, dal memoriale al diario, fino ad arrivare oggi a testimonianze popolari e digitali, dai blog alle autobiografie di personaggi pubblici e non.
Alessandro Baricco, durante una lezione tenuta durante il primo lockdown nel 2020, disse: “Scriviamo per mettere ordine nel mondo”.
La creazione di un libro è sempre una risposta a questo retaggio antico: il bisogno di mettere ordine dentro e fuori di noi.
Scriviamo per dare un ordine visibile dalla prima all’ultima pagina del nostro libro al caos, alle cose a cui non sappiamo dare risposta.
Scriviamo per condividere, per sentirci meno soli, per far ritrovare anche gli altri e creare un punto di incontro.
Ma per far accadere questa magia, il lettore deve percepire che in ogni pagina stai parlando anche e soprattutto di lui, che stai scrivendo per lui.
L’autobiografia oggi
Oggi esistono tanti modi per raccontarsi. I social ne sono un esempio lampante. I libri sono la massima ambizione per chi ama la scrittura.
Con l’avvento del self-publishing, pubblicare un libro è diventato e sta diventando sempre più accessibile a tutti e sempre più persone scrivono libri, comprese appunto le autobiografie.
Per avere successo non serve per forza essere famosi, serve offrire un libro di qualità – associato a una buona strategia di marketing.
Ad autopubblicarsi sono anche autori molto bravi che hanno scritto testi di grande valore, ma sulle piattaforme troviamo molti prodotti di pessima qualità: sono libri non necessariamente “scritti male”, talvolta hanno un grande potenziale a livello di contenuto, ma:
- sono mal strutturati
- non sono editati
- presentano errori grossolani.
Spesso non è la storia a essere sbagliata, ma il modo in cui sono state impostate le intenzioni nel raccontarla.
Le domande chiave
Prima di scrivere, prima di fare una scaletta, prima ancora di progettare il testo, dovresti sempre chiederti: perché qualcuno dovrebbe leggere la mia storia?
Attacca post-it ovunque e rileggi questa domanda ogni volta che senti di aver perso la strada: perché sto scrivendo la mia storia?
Non esiste autobiografia efficace senza una motivazione chiara.
Che tu voglia raccontare i tuoi successi lavorativi, un viaggio, una malattia, un lutto o una storia di famiglia, l’importante è tenere sempre a mente il messaggio che vuoi lasciare al lettore quando chiuderà il tuo libro.
Ricorda: il tuo scopo non è raccontare la tua vita fine a sé o mettere in luce i tuoi successi. Scrivere la tua storia non deve essere utile a te, ma a chi la leggerà. È lui il tuo focus.
Qualunque cosa tu voglia raccontare, i punti fondamentali per un libro che funzioni sono:
- raccontare una storia in cui i lettori possano identificarsi
- trasmettere un messaggio di speranza o un insegnamento utile per superare le difficoltà della vita.
Ne consegue la seconda e importantissima domanda: la mia storia può davvero essere utile a chi la leggerà?
Scrivi per il lettore
Uno degli errori più comuni degli autori esordienti è l’autoreferenzialità.
Spesso, durante il primo colloquio, alla mia domanda “Qual è il tuo obiettivo?”, alcuni rispondono che desiderano semplicemente capire sé stessi. In senso assoluto non è “sbagliato”, ma rischia di rendere il racconto autoreferenziale, e un racconto chiuso sarà un racconto destinato a fallire proprio perché sarà inutile per il lettore che non riuscirà a entrare in empatia.
Ricorda sempre – e se non te lo ricordi prendi di nuovo il blocchetto dei post-it e rileggi fino a farlo diventare un mantra: alcuni eventi della tua vita, per quanto significativi per te, potrebbero non avere rilevanza per la narrazione e non essere interessanti per il lettore.
Il lettore vuole un valore universale
Un’autobiografia funziona quando è costruita con intelligenza ed empatia, permettendo al lettore di sentirsi compreso e di riconoscersi in emozioni universali, dilemmi, ferite e gioie che fanno eco.
La tua storia deve ispirare, consolare o offrire strumenti utili a chi affronta sfide simili.
Per esempio:
- storie di viaggio: non limitarti a un diario strettamente personale, ma condividi le lezioni che il mondo può insegnare, sfrutta il viaggio geografico per trasportare il lettore in un viaggio interiore
- storie di business e/o rinascita e successo: non cadere nel vanto o nella presunzione parlando solo di te stesso, ma offri una guida pratica o una speranza concreta a chi sta affrontando delle sfide
- storie di salute e malattie: non usare il testo come diario di sfoghi personali, condividi il tuo percorso per far sentire meno soli coloro che vivono momenti bui e dare un esempio di coraggio.
Crea una struttura solida
Anche la storia più intensa rischia di crollare se non è ben costruita.
Ricorda: non stai scrivendo un diario ma un’opera letteraria, e come tale ha bisogno di una struttura robusta per reggersi in piedi.
Una delle strutture più efficaci e utilizzate è quella del Viaggio dell’Eroe di Christopher Vogler, articolata in tre atti:
- chiamata all’avventura
- conflitto centrale
- trasformazione.
Senza conflitto e trasformazione ben posizionati, la storia crolla.
A differenza di quello che alcuni credono, scrivere un’autobiografia non è più facile rispetto a scrivere un romanzo inventato perché scrivere la storia così come si è svolta è impossibile.
La storia vera comprende spazi morti, tempi noiosi, o momenti brevi dall’importanza immensa.
La bravura dello scrittore sta nella sua arte combinatoria, nel sapere sfruttare le tecniche narrative e giocare con tempo, spazio e ritmo per mettere insieme gli episodi nella giusta forma e misura.
Quando rileggi, elimina tutto ciò che non serve
Chiediti di nuovo: ciò che sto raccontando è utile o interessante per chi legge?
Alcuni dettagli potrebbero non aggiungere nulla alla storia e addirittura potrebbero rovinarla.
Domandati: questo passaggio è davvero indispensabile? Se non lo è, eliminalo senza esitazione. Lo stesso vale per le parole superflue che disturbano la lettura.
Trova equilibrio tra realtà e narrazione
Riorganizzare alcuni dettagli per esigenze narrative – comprimere, tagliare o diluire – non significa mentire, ma rendere più fruibile la tua storia e, di conseguenza, più chiaro il tuo messaggio.
Crea un filo conduttore efficace. Non limitarti a raccontare gli eventi in ordine cronologico. Piuttosto, costruisci un percorso narrativo coerente che abbia un tema centrale e un messaggio chiaro.
L’autenticità sta nella forza con cui comunichi senza tradire la verità emotiva.
Non cercare di impressionare
Non cercare di impressionare il lettore con colpi di scena forzati o uno stile eccessivamente ricercato. Evita parole desuete: al lettore non piace dover interrompere la lettura ogni cinque minuti per cercare il significato su un dizionario. Un linguaggio complicato distrae e offusca il messaggio. Punta alla semplicità – che non è sinonimo di povertà –, a una scrittura curata e pulita e alle emozioni: sono loro a colpire davvero il cuore di chi legge.