Scrivere bene significa anche saper eliminare ciò che non serve al lettore.

A proposito di romanzi, Hemingway diceva:
«I sette ottavi di ogni parte visibile sono sempre sommersi. Tutto quel che conosco è materiale che posso eliminare, lasciare sott’acqua, così il mio iceberg sarà sempre solido. L’importante è quel che non si vede».
Prima di iniziare la fase di editing, è importante che ogni autore si prenda un periodo di stacco dal testo, per poi rileggerlo con più distacco e oggettività.
Questo permette di notare molte cose che prima non saltavano all’occhio e di fare una prima revisione.
In questa fase, può accadere che alcuni passaggi risultino sovraccarichi di informazioni, contorti, poco chiari.
Succede quando è stato inserito troppo, senza seguire una direzione precisa e coerente:
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troppe informazioni
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troppe parentesi
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troppe digressioni
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troppi voli pindarici
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troppe immagini
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troppe metafore
- troppi aggettivi
- troppi avverbi
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troppi paroloni altisonanti che nemmeno Dante avrebbe usato.
Insomma: troppo di tutto, nella convinzione di apparire abili scrittori, senza rendersi conto che spesso la bravura sta proprio nella semplicità.
Il rischio è infatti di allontanarsi (troppo) dal punto di partenza, perdere di vista il messaggio della storia e, con esso, anche il lettore.
Davanti a questo problema, la domanda fondamentale da porsi, come sempre, è: “Cosa voglio comunicare con queste parole?”
Lasciare andare
Molti autori faticano a lasciar andare parole, frasi o passaggi a cui sono legati per motivi personali, anche quando indeboliscono la chiarezza del testo.
Questo attaccamento è ancora più forte nella scrittura autobiografica, ma non risparmia altri generi: tagliare o eliminare diventa quasi un’amputazione, e in certi casi si arriva persino a entrare in conflitto con l’editor, dimenticando il vero focus: il lettore.
Leggi anche: L'importanza di un buon editing
Eliminare il superfluo
Marie Kondo, nel bestseller Il magico potere del riordino, introduce il principio del decluttering: conservare nella propria vita solo ciò che contribuisce a un ambiente sano e ordinato, ringraziando con un inchino simbolico ciò che si decide di buttare via.
Il termine “decluttering” deriva dall’inglese clutter (“disordine”, “ingombro”), preceduto dal prefisso de- che indica rimozione. Significa dunque liberare spazi fisici e mentali da ciò che è superfluo.
Allo stesso modo, anche nella scrittura è importante imparare a fare un passo indietro e a lasciare andare ciò che non serve al lettore.
Come riconoscere il superfluo
In narrativa e in saggistica non esistono regole rigide, ma principi guida.
Uno dei più utili è: se posso rimuovere un elemento senza alterare il senso del testo, [allora] non serve.
Consigli pratici
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metti da parte la bozza per almeno un mese, per creare distacco
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rileggila ad alta voce
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prova a raccontare la storia in poche parole a qualcuno
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segui il consiglio di Agatha Christie: riassumila in un racconto breve.
Cosa tagliare
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luoghi comuni
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banalità
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aggettivi e avverbi superflui
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accoppiamenti di parole scontati
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metafore abusate
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voli pindarici che non aggiungono nulla
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spiegoni infiniti
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ciò che è puramente autoreferenziale.
La domanda chiave
Questa frase serve davvero alla mia storia, o serve solo a me?